È una frase tratta da “de vulgari eloquentia” di Placito Capuano. Il testo, scritto in latino e risalente al 960 DC conteneva queste 2 righe scritte in volgare che vengono considerate l’atto di nascita della lingua italiana.
La frase, messa in bocca a Michele Misseri, diventa meravigliosa, dato che il contadino di Avetrana, 1000 anni dopo, riesce ancora a mantenere la lingua tale e quale a quella usata dall’autore originale. Voto: diesci.
@theo_kami hai finito gli aiuti!
Il Maestro
Il meme che lo riguarda è in questi giorni sottotitolato con la frase “Non sono un fuorilegge, ma ho necessità”, riferita ad un video del 23 gennaio 2019 (dal minuto 3:28), in cui il maestro, intrappolato da un ingorgo autostradale e spinto dal bisogno di fare pipì, decide finalmente di liberare la sua vescica. Ma chi è “il maestro”? #spiegoipostpuntoit
Ultimamente il suo inconfondibile viso ha sfondato la barriera di Youtube, per approdare nel mare immenso dei meme, che lo ha reso celebre anche tra chi non abbia la più pallida idea di chi sia.
Il ragazzone si chiama Omar Palermo, “il Maestro” per i suoi follower più affezionati.
Pesa più di 200 chili, è’ calabrese ed abita a Rossano, in provincia di Cosenza, dove da casa sua, agli inizi del 2018, decise di uscire dall’anonimato creando il suo canale Youtube “YouTubo Anche io” sul quale postava, con scarso successo, episodi di vita quotidiana e dei suoi “bengalini” in gabbia.
E’ il 7 febbraio 2018 il giorno in cui però Omar trova la sua starway to heaven, nel vero senso della parola: pubblica quella sera un video in cui mangia e commenta una pizza capricciosa; ottiene qualche like in più del solito e capisce subito quale sarà il suo destino: morire di cibo per conquistare il suo pubblico. Alla capricciosa seguono a ruota i video di DUE capricciose, una confezione di duplo, spaghetti, tiramisù, “sciusci” e da allora non si è più fermato. Arrivarono i follower ed i like e ad oggi “il Maestro” è il più grande esponente italiano della subcultura dei “food challenge” di cui aspettiamo con ansia le prime vittime. Requiem. #spiegoipostpuntoit
Noi ridiamo e scherziamo…
…ma questo è Paul Stevenson ed è affetto da Sindrome di Tourette, una malattia veramente brutta che è stata spiegata in questo servizio andato in onda su National Geographic Channel, vi consiglio caldamente di guardarlo
Pesante ve’? Meglio sdrammatizzare un pò
Sarà un lavoro onesto?
Era il 10 di ottobre del 2014 quando il fattore David Brandt, proprietario di una grossa ‘azienda agricola dell’Ohio negli USA, rilasciò un’intervista per il dipartimento dell’agricoltura americano per illustrare le sue innovative tecniche di coltivazione sostenibile della soia. Fu sullo stesso sito del dipartimento che David apparse in tutto il suo splendore, rilucendo nella foto con tutta la bellezza rustica della sua camicia a quadri bianchi e blu e della sua salopette di jeans
La cosa interessò una manciata di addetti ai lavori, poi David e la sua camicia caddero nell’oblio dell’internet fino a quando, il 15 dicembre del 2018, un utente di reddit postò una macro del contadino, aggiungendo la scritta “it ain’t much – but it’s honest work” ed intitolando l’immagine (traduco per i non udenti): ““quando pubblichi robe nuove e ottieni 10 like invece di migliaia di condivisioni” (N.D.R.: Grazie a Marcello che ha commentato ed ha corretto la cazzata che era stata scritta. Fatelo anche voi!).
Di lì a poco si sarebbe scatenato il solito delirio, con la solita cassa di risonanza costituita dai milioni di utenti fedeli ai social account specializzati in meme, su Instagram e Facebook.
Hobbes e Rousseau
Ti vorrei innanzitutto ringraziare per la domanda… tacci tua! con tutta la robaccia che c’è in giro ti dovevi proprio infognare su questi argomenti!
Comunque te la faccio breve: la vignetta fa riferimento alla visione, per molti versi contrapposta, dell’uomo e della società che i due grandi filosofi sostennero nei loro studi. La spugna, intendila come elemento di vita primordiale, l’uomo originario. Hobbes, di nazionalità inglese e classe 1588, riteneva che l’uomo sia per sua natura una merda, rifacendosi alla figura dell’homo homini lupus, ovvero “uomo, predatore di altri uomini”.
La sua teoria è che l’uomo sia essenzialmente una bestia, dominata da istinti primordiali per soddisfare i quali non esiterebbe a mangiarsi a colazione gli altri suoi concorrenti. L’unica cosa che lo frena è la paura degli altri uomini, a causa della quale interseca con loro una rete di rapporti (nascita della società e delle sue regole di convivenza) che servono fondamentalmente a proteggerlo dai suoi simili e che nel contempo lo costringono a modificare la sua vera natura.
Di pensiero diverso è invece Rousseau, svizzero di nascita e 124 anni più giovane di Hobbes. Secondo la sua teoria l’uomo delle origini era si un rude villano, ma possedeva di base una serie di virtù che, a causa del suo doversi adeguare alle regole sociali, degenerano poi irrimediabilmente fino a trasformarsi in vizi. La società, che per Hobbes è una panacea per mitigare la bestialità umana, viene invece vista da Rousseau come l’origine di tutti i mali dell’anima dell’uomo moderno.
Questa la spiegazione in estrema sintesi e con parecchia approssimazione.
Spero che la curiosità dell’utente che mi ha taggato sul post sia stata soddisfatta ed a lui va il mio caldo invito ad occuparsi più di figa e meno di filosofia.
Image Macro
Una image-macro, o semplicemente “macro”, è la classica foto/disegno che viene corredata da uno o due testi posti solitamente all’inizio ed alla fine dell’immagine e, per convenzione, utilizzando come font type il carattere “Impact”.
La prima macro è generalmente fatta risalire all’anno 1905 ed attribuita al fotografo americano Harry Whitter che immortalò un gatto in attesa su un seggiolone e sulla stampa scrisse qualcosa che suonava tipo “che fine ha fatto la mia cena?”
Presero avvio da qui i cosiddetti LOLcats ai quali seguirono i demotivational poster, le reaction images, gli advice animals e tutta le categorie di image-macro che ad oggi costituiscono la gran parte del mondo “meme” ed hanno contribuito al successo di siti web e profiili social quali “Sesso, droga e pastorizia”, “Alpha man”, “Nasce, cresce, ignora” e tanti altri.
Albert e gli altri
Già, e gli altri? Chi sono? Albert Einstein lo conoscete sicuramente tutti, naturalmente non per la sua teoria della relatività, ma per la celebre linguaccia e la candida, scompigliata e simpatica chioma. Ma oltre al fisico premio Nobel tedesco, vi siete mai chiesti chi siano gli altri due attori non-protagonisti che compaiono nel meme conosciuto con il nome “calm down, Einstein“? Conoscendo già la risposta dell’ ignorantissimo pubblico di questo sito, ve lo dico io: il primo a sinistra è Stephen Hawking, cosmologo, fisico e scienziato e inglese, nato nel 1942, sin da giovane condannato da una malattia ad un’immobilità quasi totale che si aggiunse ad altri gravi problemi di comunicazione che lo costringevano a parlare tramite un microfono. Nonostante tutto, Hawking diventò professore di matematica a Cambridge a soli 37 anni e per un soffio non gli fu assegnato il Nobel per i suoi studi sui buchi neri (mi astengo da battute di infimo livello). Lo scienziato è recentemente scomparso, il 14 marzo del 2018.
Il secondo “amico” di Einstein, in fondo a destra, è invece un altro celebre luminare di nazionalità americana, Neil deGrasse Tyson, astrofisico e divulgatore scientifico che, a differenza degli altri due, a tutt’oggi sta benissimo e vi saluta.
Un’ultima curiosità: sembrerebbe (si cercano prove convincenti) che l’immagine originale sia stata tratta dal film Gangs of Wasseypur uno dei primi action movie made in Bollywood, il distretto indiano del cinema.
Corredo il tutto con un paio delle immagini che hanno reso famosi i tre geni:
Questa merita breve spiegazione per gli over 40: il risultato dell’operazione soprastante è 1010, che in inglese di legge “ten-ten” che è anche il nome del personaggio manga della serie Naruto rappresentato in figura.
Anche questa merita una breve spiegazione, stavolta per gli under 15: il risultato della prima formula matematica non è “8 rovesciato” ma bensì “infinito” e quello è il simbolo matematico che lo rappresenta.
Buongiollo al pubblico maschile
Solo i più giovani ed ignoranti di voi possono non riconoscere il grandissimo Luca Giurato, giornalista/conduttore RAI e campione assoluto di gaffe televisive. Il 100% di meme e macro sparse sul web di origine nazionale a tema “strafalcioni e gaffe” è marchiata con il suo epico volto.
Il post in questione è appunto tratto da una dei suoi celebri momenti di dislessia che vi linko subito sotto per il vostro diletto:
Se vi foste innamorati di lui e voleste saperne di più c’è sempre wikipedia a vostra disposizione, altrimenti rimanete in superficie come al solito ed accontentatevi di questo mix di straordinarie acrobazie linguistiche del grande Luca nazionale, commentate da Ficarra&Picone:
Followami
Addami ai tuoi social e taggami sui meme o sui post di cui ti interessa un approfondimento e, nel giro di pochi minuti (🤣🤣🤣), la tua morbosa curiosità sarà soddisfatta su queste pagine.
Hide the pain Harold
Cerrrto che è lui! E’ uno dei volti più noti del web 2.0, l’uomo col sorriso più amaro del mondo. Da anni ormai icona internazionale della sopportazione del dolore, il sorriso più noto del web, noto all’universo internet con il nome del meme “Hide the pain Harold“, ha anche (incredibile ma vero!) un nome ed un cognome reale: l’anziano signore è al secolo András Arató classe ’45, di nazionalità Ungherese e di professione ingegnere elettrico.
Diventato popolare inizialmente tra gli internauti russi, oggi lo si può trovare, munito del suo inossidabile sorriso sforzato, su centinaia di immagini sul web incorniciate da frasi in tutte le lingue del mondo. Ormai è uno di famiglia, nonno Harold.
Per chi volesse approfondire, lascio un paio di link di chi lo ha raccontato prima di me e qualcuno dei suoi meme a caso:
“Hide the Pain Harold”: il signore del meme più famoso di internet è arrivato in Russia – Russia Beyond – Italia https://it.rbth.com/lifestyle/80773-hide-the-pain-harold: https://it.rbth.com/lifestyle/80773-hide-the-pain-harold